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| Daboot Gang. Un nome un programma, per gente fuori, per i lettori di Fuori. Gli ingredienti della ricetta: bordello, vita spericolata, ragazze, ma soprattutto tanto spettacolo. Stiamo parlando della squadra italiana di freestyle, la Daboot Gang, appunto. Non sono crossisti, nemmeno enduristi. Rappresentano un mondo a parte. Alvaro Dal Farra, Vanni Oddera, Max Bianconcini, Carlo Caresana sono i migliori di una compagnia numerosa ed affiatata. Loro sono davvero fuori. Saltano nel cielo a dieci metri d’altezza. Per vederli dall’alto abbiamo utilizzato un carrello elevatore che porta a venticinque metri d’altezza. Per farlo bisogna essere fuori, perché a quella quota un fotografo rischia di lasciarci le penne: il vento ti fa oscillare come un pendolo e senti mancare la terra sotto i piedi. Quelli della Daboot invece in quota si muovono leggiadri, non avvertono il pericolo, diventano un tutt’uno con la moto. Per certi numeri braccia e pilota si staccano dalla moto e non si sa come va a finire. Questa è l’impressione degli spettatori, perché gli esecutori hanno la certezza matematica di ciò che succederà: atterraggio perfetto, saluti, baci al pubblico. Poi “Vengano Signori, vengano! Altro giro, altro numero”. Entrambi i termini intesi nel senso letterale. Daboot deriva da The boot, letto all’americana: “Da boot”, ma i realtà “lo Stivale” in questo caso sta ad indicare il territorio del Tricolore. Non finisce qui, però. Se leggete Daboot al contrario vi verrà fuori “too bad”. Sempre in Americano: “troppo cattivi”, come sono i nostri freestyler quando si presentano alle competizioni internazionali anche negli Stati Uniti. Per saperne di più non perdete il numero di fuoristrada di gennaio: limousine, festa moto e foto spettacolari. Se ve lo perdete siete fuori.
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